ARCHITetture temporanee

render con la veduta aerea del padiglione temporaneo all'interno dei Kensington Gardens di Londra
Serpentine Pavilion 2025, "A Capsule in Time", progetto di Marina Tabassum e Marina Tabassum Architects (MTA). Render, veduta aerea. © Marina Tabassum Architects (MTA), courtesy Serpentine

“A Capsule in Time”, il Serpentine Pavilion 2025 disegnato da Marina Tabassum

render con la veduta dell'interno del padiglione temporaneo con la corte costruita attorno a uno degli alberi del parco
Serpentine Pavilion 2025, "A Capsule in Time", progetto di Marina Tabassum e Marina Tabassum Architects (MTA). Render, veduta dell'interno. © Marina Tabassum Architects (MTA), courtesy Serpentine
render con la veduta dell'esterno del padiglione temporaneo all'interno dei Kensington Gardens di Londra
Serpentine Pavilion 2025, "A Capsule in Time", progetto di Marina Tabassum e Marina Tabassum Architects (MTA). Render, veduta dell'esterno. © Marina Tabassum Architects (MTA), courtesy Serpentine
Per festeggiare i 25 anni del progetto è stata chiamata dalle Serpentine Galleries di Londra l’architetto bengalese impegnata con il suo studio a rispettare sostenibilità, contesto culturale e storico e attenta al sociale e ai cambiamenti climatici. Contemporaneità e tradizione dialogano all’interno di uno spazio flessibile.

Zaha Hadid, la prima a progettare il Serpentine Pavilion all’interno dei Kensington Gardens nel 2000, aveva affermato che non ci dovrebbe essere fine alla sperimentazione, auspicando che l’architettura potesse allargare i propri confini e questo spirito rimane alla base del progetto firmato da Marina Tabassum e MTA – Marina Tabassum Architects per il 2025. Dal 6 giugno al 26 ottobre il padiglione sarà nuovamente un punto di incontro e una sede di sperimentazione, interdisciplinare e artistica, una formula di successo, costruita nel corso degli anni.

Il concept

“Nell’ideare il nostro progetto, abbiamo riflettuto sulla natura transitoria dell’incarico, che ci appare come una capsula della memoria e del tempo”. Infatti, aggiunge Marina Tabassum, “il rapporto tra tempo e architettura è intrigante: tra permanenza e impermanenza, tra nascita, età e rovina; l’architettura aspira a sopravvivere al tempo. L’architettura è uno strumento per lasciare un’eredità, soddisfacendo l’intrinseco desiderio umano di continuità oltre la vita”. Sottolinea poi che, “nel delta del Bengala, l’architettura è effimera poiché le abitazioni cambiano posizione con lo spostamento dei corsi dei fiumi. L’architettura diventa memoria degli spazi vissuti, trasmessa attraverso i racconti”.

“A Capsule in Time”

Ispirato alla tradizione dei parchi e delle tettoie ad arco che filtrano la luce del giorno attraverso la vegetazione, il padiglione è composto da quattro “capsule” in legno avvolte in un leggero materiale semitrasparente che riprodurrà un gioco di luci e ombre come sotto una “shamiyana”, tenda tradizionale dell’Asia meridionale utilizzata per le cerimonie o come riparo dal sole.

Disposto in direzione nord-sud, costruito attorno a un albero al centro della struttura, il progetto di Tabassum porta il parco all’interno del padiglione stesso. Questa corte centrale, allineata con il campanile del Serpentine South, invita i visitatori a una relazione contemplativa tra natura, spazio e luce.

Una delle “capsule” sarà mobile, permettendo così di riconfigurare lo spazio, in funzione non solo degli eventi ma anche della socialità.

L’architetto

Laureata alla Bangladesh University of Engineering and Technology, dal 2005 guida lo studio Marina Tabassum Architects. Ha insegnato presso rinomate università e oggi è docente presso la Delft University of Technology, nei Paesi Bassi. Tra i numerosi premi ricevuti l’Aga Khan Award for Architecture nel 2016 per la moschea in mattoni Bait Ur Rouf a Dacca.

Tabassum presiede il consiglio esecutivo di Prokritee, un’organizzazione di commercio equo e solidale che promuove l’artigianato e fornisce sostentamento a migliaia di donne artigiane del Bangladesh. È inoltre la presidente fondatrice della Foundation for Architecture and Community Equity (F.A.C.E.), un’organizzazione senza scopo di lucro che concentra la sua azione sull’adattamento climatico e sulla responsabilità dell’architettura nel fornire condizioni di vita dignitose alle popolazioni emarginate. F.A.C.E sta attualmente lavorando con le comunità per costruire alloggi modulari mobili, rapidamente montabili e smontabili in caso di necessità, noti come “Khudi Bari”, in varie località geograficamente e climaticamente difficili del Bangladesh.

© Design People Soc. Coop.

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