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Rabbit Inhabits the Moon allestimento
© Michele Perottino
Arte Contemporanea

Rabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo

In occasione del centoquarantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Corea e Italia, il MAO dedica una mostra all’artista coreano Nam June Paik (1932-2006) e all’influenza che ancora oggi esercita nel campo della video arte e delle performance musicali. Nuove opere di artisti coreani rileggono l’eredità di Paik, ponendo in dialogo l’elemento tecnologico – emblematico della civiltà capitalistica occidentale – e la cultura tradizionale coreana. L’esposizione trae ispirazione dal topos letterario orientale del coniglio sulla luna, a cui Paik dedicò nel 1996 l’installazione Rabbit Inhabits the Moon, protagonista della mostra.

Oriente e Occidente, tradizione e progresso

Il percorso espositivo non segue un criterio cronologico, ma procede per accostamenti formali, creando nuclei tematici in cui simbologie e iconografie risuonano in oggetti antichi e installazioni contemporanee. La configurazione strutturale dell’allestimento favorisce un’atmosfera immersiva: il visitatore attraversa tende, sipari e fluide superfici specchianti, che simulano il riflettersi della luna sull’acqua (il legame tra acqua e luna è centrale nella simbologia buddhista). All’elemento visivo si affianca con eguale importanza la componente sonora, in accordo con la teoria musicale di Nam June Paik. Una sala è dedicata all’installazione Rabbit Inhabits the Moon, dove la scultura lignea di un coniglio fissa con lo sguardo l’immagine della luna emessa da un televisore: all’elemento tecnologico si associa quello tradizionale, con l’esposizione di un “haori” (giacca tradizionale) degli anni Trenta del Novecento e di Avalokiteśvara (“acqua e luna”), opera coreana del XIV secolo, restaurata per l’occasione.

Innovare con uno sguardo al passato

La serie Shrine del fotografo Chan-ho Park offre testimonianze dei luoghi sacri e delle tradizioni religiose nella cultura coreana, a rischio di scomparire in nome della modernizzazione e del progresso tecnologico. D’altra parte, Kyuchul Ahn ha ideato una performance musicale, che omaggia la poetica della casualità del movimento Fluxus, a cui apparteneva Nam June Paik. Nocturne No. 20 / Counterpoint prevede l’esecuzione di una rivisitazione del ventesimo Notturno di Chopin su un pianoforte che viene progressivamente privato dei suoi ottantanove martelletti, facendo scomparire lentamente il suono. Sempre a tema musicale, Sounds Heard from the Moon. Part 2 della musicista Jiha Park è una composizione specificatamente commissionata per questa mostra. Strumenti tradizionali coreani, quali il piri (flauto di bambù), il saenghwang (organo a bocca) e lo yanggeum (strumento a corde percosse), contribuiscono alla realizzazione di una musica minimalista, basata sui criteri di ripetizione, variazione e processualità. Il video SULLAE di Jesse Chun mostra immagini di una danza della luna eseguita da donne, proiettando lo spettatore – con intento sia poetico che politico – in epoca precoloniale.

Immagine di anteprima: Nam June Paik, Rabbit Inhabits the Moon, 1996, Nam June Paik Center © Nam June Paik Estate

© Design People Soc. Coop.

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