Lo Spazio Vedova, ultimo atelier in cui ha lavorato Emilio Vedova a partire dalla prima metà degli anni Settanta, ospita una mostra su alcuni particolari ritratti fotografici di Alberto Burri, Emilio Vedova e Hermann Nitsch, realizzati da Aurelio Amendola. Di ognuno dei tre artisti è esposta anche un’opera: Plastica M1 per Burri, Non Dove/Breccia 1988 III (op. 1-op. 2) per Vedova e 18b.malaktion per Nitsch. Gli scatti del fotografo pistoiese immortalano i momenti dell’azione creativa, restituendo testimonianze uniche delle diverse modalità operative ed espressive di tre maestri del secondo Novecento italiano.
Il percorso espositivo, articolato secondo un criterio cronologico-tematico, pone in dialogo ogni opera con fotografie di grandi dimensioni, facendo così ritornare il prodotto artistico al momento della sua esecuzione. L’approccio di Amendola è quello di un osservatore silenzioso, alla ricerca della spontaneità espressiva dell’artista durante il processo creativo. Una sequenza di sei fotografie, provenienti da uno stesso rullino, coglie Burri intento a soffiare e a modellare con le mani durante la realizzazione di una combustione plastica (la Grande Plastica, 1976). Accanto a questi scatti è esposta Plastica M1, opera in diretto dialogo con la sequenza di fotografie. In seguito, Vedova viene ritratto durante i lavori per i cicli dei “Tondi” e dei “Non Dove”. Queste fotografie sono state scattate all’interno del medesimo spazio in cui sono esposte, tra le stesse pareti di mattoni a vista pitturati di bianco in cui si muove il visitatore. In questo modo si crea un effetto “salto nel tempo”, per cui il “Tondo” Non Dove/Breccia 1988 III (op. 1-op. 2) perde staticità e autonomia, ritornando ai momenti dinamici della sua realizzazione. Infine, Nitsch è immortalato all’interno del suo castello di Prinzendorf (Vienna), mentre crea le sue pitture, che – attraverso la visione cruenta del sangue – invitano lo spettatore a una catarsi. Le fotografie di Amendola colgono l’artista immerso nella dionisiaca caoticità della sua arte, restituendo la tela esposta (18b.malaktion, 1986) alla vitalità dell’azione creativa.