Jean Nouvel disegna la nuova sede della Fondation Cartier pour l’art contemporain
Nel cuore di Parigi, a pochi passi dal Louvre, la Fondation Cartier pour l’art contemporain ha inaugurato un nuovo capitolo della propria storia trasferendosi al 2 Place du Palais-Royal, all’interno di un imponente edificio haussmanniano del 1855. Qui, l’intervento architettonico di Jean Nouvel non si limita a una semplice riqualificazione, ma mette in atto una vera e propria rifondazione spaziale, progettata per ridefinire i paradigmi dell’esposizione contemporanea e la relazione tra arte, architettura e pubblico.
Il progetto
Jean Nouvel interviene preservando la facciata ottocentesca, ma rivoluziona completamente gli interni, concepiti come una macchina dinamica capace di moltiplicare possibilità scenografiche. Il cuore del progetto è costituito da cinque piattaforme mobili in acciaio, assimilabili a palcoscenici sospesi che possono essere sollevati e abbassati lungo undici diverse altezze, consentendo configurazioni mutevoli di volume, luce e percorsi. Ciascuna struttura, estesa per centinaia di metri quadrati e dotata di sistemi a cavi e pulegge, è stata progettata per sostenere carichi elevati e ospitare installazioni monumentali, aprendo la strada a modalità espositive impossibili in molte realtà.
Uno spazio in continua trasformazione
Questa mobilità non è un espediente tecnico: è la chiave di un modello museologico che abbandona la neutralità e l’omologazione. Il museo diventa una struttura in costante divenire, capace di adattarsi alle visioni artistiche e di sorprendere i visitatori a ogni accesso. Quasi nessuna configurazione si ripeterà identica alla precedente: mutano le altezze, si ridefiniscono i vuoti, cambiano gli orizzonti di lettura e lo spazio stesso diventa parte del racconto curatoriale.
Trasparenza e dialogo con la città
Il rapporto tra interno ed esterno è un altro cardine dell’intervento. Le grandi superfici vetrate di sette metri che corrono lungo Rue de Rivoli e Rue Saint-Honoré dissolvono la tradizionale separazione tra museo e città. L’architettura entra nello spazio pubblico e il museo, a sua volta, si apre allo sguardo dei passanti, diventando un organismo visibile, riconoscibile, parte integrante del paesaggio parigino.
La luce
La copertura con lucernari mobili e giardini pensili introduce la luce naturale come materiale espositivo. Le lamelle sotto i soffitti di vetro modulano l’intensità luminosa fino a ottenere il buio totale, permettendo una gamma espositiva quasi teatrale. Il risultato è un sistema percettivo totale, in cui la luce non illumina soltanto le opere, ma costruisce narrazioni.
Una superficie culturale di nuova generazione
L’edificio offre 8.500 m² accessibili al pubblico, di cui 6.500 destinati alle esposizioni, integrati da passerelle sospese, auditorium, libreria e un centro educativo – La Manufacture – dedicato all’apprendimento attraverso la manualità della pratica artistica. La Fondation Cartier rafforza così una concezione dell’istituzione museale come spazio di produzione culturale e non soltanto di osservazione.
L’allestimento come esperienza
In questo scenario, l’allestimento non è un semplice supporto alle opere: è un atto di scrittura nello spazio. Le piattaforme, la continuità visiva, l’assenza di gerarchie tra muri, pavimenti e soffitti trasformano la visita in un percorso aperto. Non si entra in un contenitore neutro, ma in un ambiente che sollecita lo spettatore, che cambia prospettiva a ogni passo, che integra l’atto del guardare nel progetto espositivo stesso.
Tra memoria e sperimentazione
L’intervento di Nouvel recupera e trasforma l’eredità del luogo, già sede del Grand Hôtel du Louvre, dei Grands Magasins du Louvre e del Louvre des Antiquaires. La logica espositiva dei grandi magazzini ottocenteschi – dove il pubblico scopriva meraviglie inaspettate – rivive oggi in un edificio che accoglie arti visive, performance, cinema e nuovi linguaggi, senza barriere disciplinari.
Un museo come organismo vivo
La nuova Fondation Cartier pour l’art contemporain non è solo un ampliamento fisico, ma una dichiarazione programmatica: il museo non è più un luogo per custodire opere, ma per generare possibilità. Un organismo vivo, permeabile alla città, alla luce, ai pubblici e alle idee. Un’architettura che non contiene arte, ma la rende possibile.
© Design People Soc. Coop.





